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Il parere del Ministero sul Franchi di Firenze apre a un nuovo stadio, ma in che modo?

La ricerca di un compromesso per il Franchi potrebbe diventare controproducente.

Il parere del Ministero dei Beni Culturali (MiBACT) sullo Stadio Franchi di Firenze apre alcuni scenari che vanno doverosamente spiegati, perché determinano il destino del nuovo stadio della Fiorentina.

Il dispositivo emanato dall’ente di tutela stabilisce che il Franchi “non si può demolire, ma si può ristrutturare”. Questo offrirebbe alla Fiorentina la possibilità di intervenire sull’attuale impianto ma con limiti di manovra molto precisi e, probabilmente, non favorevoli al miglioramento della struttura.

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(photo by FAI Fondo Ambiente Italiano)

A differenza di quanto successo qualche mese fa, con il parere redatto per lo Stadio Meazza di Milano (che, di fatto, si appoggiava a un accordo già preso fra i club e il Comune, senza prendere ulteriori posizioni), il dispositivo di nove pagine redato dal Ministero punta a salvaguardare la cifra architettonica dello stadio di Firenze, ma vorrebbe anche inseguire un compromesso che permetta di intervenire per ammodernare l’impianto. Un compromesso molto difficile da raggiungere, con l’alternativa di un nuovo stadio costruito dalla Fiorentina in un’altra parte della città.

Qual è il parere del Ministero sullo stadio Franchi di Firenze?

Partendo da presupposti accademici sicuramente giusti, e consapevole di essere sotto pressione mediatica da tempo, il team del MiBACT incaricato di valutare la fattibilità degli interventi sullo stadio Franchi, ha prodotto un testo di nove pagine in cui si specifica chiaramente: “No alla demolizione, sì alla ristrutturazione. Ma con dei limiti”.

I limiti sono l’individuazione delle porzioni dello stadio da conservare (ed eventualmente integrare nel nuovo impianto), e per le quali la Fiorentina aveva chiesto chiarimenti. Oltre alla Torre Maratona, le scale elicoidali esterne d’accesso e alcune porzioni della tribuna centrale, anche le curve e la loro struttura vanno preservate, ma si potranno “avvicinare le gradinate al campo con interventi di replica in parallelo a quelle attuali”. Impossibile, quindi, tagliar via le due curve ricostruendo due settori rettilinei, come già fatto a Bergamo, dall’Atalanta, e all’Anoeta dalla Real Sociedad (ma si potrà soltanto realizzare un “intervento-Matrioska” di dubbio valore).

A nulla, inoltre, pare essere servita l’approvazione del recente decreto Sbloccastadi (realizzato proprio per favorire forzatamente l’opera sul Franchi, prima ancora che con intenzioni davvero virtuose verso il rinnovamento del patrimonio edilizio-sportivo italiano) ma, più in generale, i tanti limiti imposti dal dispositivo diventano un boomerang pericoloso per il destino della struttura – non a caso, l’Ordine degli Architetti di Firenze ha chiesto un progetto di restauro che coinvolga tutta l’area di Campo di Marte, e non soltanto l’edificio-stadio.

Per quanto la Fiorentina si fosse affidata all’architetto Marco Casamonti, di Archea Associati, già autore dello splendido progetto del nuovo stadio di Tirana (che contempla proprio un intervento di salvaguardia e integrazione di un elemento storico dell’impianto precedente, di cui su Archistadia vi abbiamo parlato qui), il compromesso inseguito dal MiBACT per il Franchi rischia di essere impossibile da raggiungere, con il risultato che il club viola decida di costruire lo stadio nuovo in un’altra parte di Firenze, lasciando l’attuale architettura progettata dall’ing. Pier Luigi Nervi al suo destino, e sulle spalle del Comune.

“In Europa gli stadi vengono rinnovati, in Italia no” (cit.)

La realtà è che in architettura non esiste un solo modo giusto di intervenire, ma bisognerebbe sempre modellare l’intervento sulle necessità del caso specifico. In questo senso, non è vero che in Italia non si riescano a rinnovare gli stadi, ed è ancor meno vero che questo accada a causa dei vincoli della Soprintendenza. Gli stadi italiani riconosciuti di valore architettonico dal Ministero (come il Franchi) si contano sulle dita di una mano e, semmai, è l’enorme patrimonio di impianti medio-piccoli sparsi sul territorio nazionale ad essere ancora fermo per mancanza di soldi e proposte realistiche.

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La facciata esterna di Ibrox, a Glasgow (Photo by Ian MacNicol/Getty Images via OneFootball)
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La riqualificazione dello stadio Highbury passò dalla salvaguardia della sola facciata esterna delle tribune est e ovest.

Non bisogna nemmeno farsi abbagliare dal ritornello de “all’estero hanno demolito Wembley e rinnovano gli stadi senza problemi”, perché i fatti ci dicono due cose: in Europa il recente rinnovamento degli impianti viene perseguito con qualunque tipo di intervento (nuove costruzioni, progetti di ristrutturazione e/o interventi di integrazione) e gli stadi esteri con vincoli storici sono pochissimi, in proporzione meno che nella sola Italia (e sono quasi tutti stati preservati).

Qualche esempio coerente di confronto può essere utile:

  • Wembley (Londra, 1923-2001) aveva valore storico solo nelle sue due torri monumentali, sottoposte a vincolo dall’English Heritage: si cercò a lungo di inglobarle nel progetto del nuovo stadio ma senza riuscirci, e alla fine furono demolite
  • Highbury (Londra, 1913-2006) è stato trasformato in un complesso residenziale, ma le sue tribune Est e Ovest (le uniche parti classificate di valore storico dall’English Heritage) sono state preservate con un particolare intervento di ricucitura
  • Craven Cottage (Londra, 1896), è vincolato solo nella sua tribuna lungo Stevenage Road, e nell’edificio del Cottage, entrambi preservati (grazie anche alle associazioni dei tifosi a fine anni ’90) mentre gli altri lati dell’impianto vengono continuamente trasformati
  • Villa Park (Birmingham, 1897), è l’eccezione che conferma la regola, con la tribuna Trinity Road Stand di valore storico ma considerata sacrificabile per via delle troppe modifiche nel tempo (fu demolita nel 2000 e ricostruita più grande)
  • Ibrox (Glasgow, 1899), è vincolato nella sua tribuna Main Stand, che infatti è stata l’unica porzione sempre salvaguardata a fronte dei rinnovamenti dell’impianto
  • Stade Chaban Delmas (Bordeaux, 1933), splendido esempio di Modernismo, è di proprietà comunale e gestito dei Beni Culturali francesi, ed è attualmente esistente. Il Bordeaux ha costruito il suo nuovo stadio altrove in città, inaugurato nel 2015, ma anche questo è di proprietà della città
  • Stade Gerland (Lione, 1926), considerato uno degli esempi pionieri di architettura sportiva francese, è uno dei monumenti architettonici di Lione e attualmente esistente, e di proprietà comunale. L’Olympique Lione nel 2016 ha inaugurato il suo nuovo stadio Parc OL, nella periferia est della città
  • Soldier Field (Chicago, 1924), stadio polisportivo in stile Neoclassico, era vincolato e inserito nel Registro dei Beni Culturali americani. Fra il 2002 e il 2003 è stato svuotato del catino di gradinate (sostituito dalla costruzione di un nuovo impianto moderno) ma preservando il lungo colonnato pseudo-ellenico sui due lati – in conseguenza a questo intervento, lo stadio ha perso però lo status di edificio di valore storico-architettonico nazionale

In Italia, Atalanta, Udinese e Bologna hanno tutte previsto la salvaguardia delle parti vincolate dei loro stadi (ciascuna in misura diversa) e la ricostruzione del resto dell’impianto, mentre si è affrontato un percorso di demolizione/ricostruzione totale nel caso di Juventus e Cagliari.

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Vista aerea del Soldier Field di Chicago, con il colonnato neoclassico originale mantenuto in contatto con il nuovo stadio (photo by City of Chicago via choosechicago.com)

Ovviamente, il Ministero dei Beni Culturali si occupa della sua sfera di competenza, e si propone di preservare il significato architettonico dello stadio Franchi, e in quest’ottica va letto il dispositivo di vincolo pubblicato. In questi casi, però, è doveroso porsi delle domande da cui partire: cosa serve alla Fiorentina per poter usufruire di un Franchi moderno e al passo con i tempi (e con la funzione che deve svolgere)? Quali e quanti interventi bisogna realizzare per adeguare lo stadio a standard e necessità contemporanee? Questi interventi sono compatibili con la salvaguardia di alcune porzioni dell’impianto (anche se, eventualmente, non tutte quelle che si vorrebbe)?

Solo rispondendo con onestà a queste domande, e mettendo a confronto le risposte, si potrà trovare una soluzione (e un progetto) che trasformino il Franchi di Firenze in uno stadio contemporaneo, continuando a comunicare la sua storia passata attraverso singole porzioni conservate e integrate nel nuovo edificio. L’alternativa – e il rischio – sarà di vederlo sempre più abbandonato a sé stesso, senza manutenzione, in attesa dello scorrere del tempo.

© Riproduzione Riservata

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