Memorie di una serata drammatica.
Quando, alle ore 21:40 del 29 maggio 1985, Bruno Pizzul riprende la telecronaca della diretta tv di Juventus-Liverpool, finale di Coppa dei Campioni dallo stadio Heysel di Bruxelles, lo fa con parole pesanti e sofferte: «Gentili telespettatori, la partita verrà commentata in tono il più neutro, impersonale e asettico possibile». Sotto i suoi occhi, sugli spalti dell’impianto belga, la tragedia si è appena compiuta e rappresenterà una delle pagine peggiori dell’intera storia del calcio europeo.
Lo stadio della capitale del Belgio, scelto dalla UEFA per ospitare quella finale, era stato inaugurato il 23 agosto 1930 in occasione dei festeggiamenti per il centenario dell’indipendenza della nazione. Inizialmente poteva ospitare 70mila persone e presentava una struttura a pianta ovale composta da una tribuna principale coperta, contornata da un anello continuo di gradinate sui restanti tre lati, costruito su un pendìo di terreno appositamente realizzato.
Si trattava di un impianto in linea con gli stilemi costruttivi dell’epoca quando, escludendo gli esempi monumentali di regime, l’elemento più importante dell’edificio era rappresentato dalla tribuna principale. Le altre gradinate erano semplici strutture inclinate e gli stadi, nel loro complesso, si differenziavano da quelli di inizio Novecento soltanto per la forma in pianta: ovale, di ispirazione polisportiva e olimpica, e non più rettangolare, come nella tradizione originarle britannica.
Bruxelles, lo Stadio del Centenario
Nel corso dei suoi primi anni di vita, allo stadio di Bruxelles era stata aggiunta una pista d’atletica intorno al campo da gioco, e anche la tribuna opposta a quella principale era stata ristrutturata e dotata di copertura. Le due curve erano invece rimaste quelle originali, con posti interamente in piedi e barriere anti-schiacciamento disseminate lungo tutto il settore. Non era esattamente ciò che si può intendere oggi con l’accezione di “stadio nazionale” ma, prima del 1985, lo stadio Heysel aveva già ospitato tre finali di Coppa dei Campioni (1958, 1966, 1974), tre finali di Coppa delle Coppe (1964, 1976, 1980) e la finale dell’Europeo 1972.
Anche dal punto di vista architettonico, l’edificio svelava dettagli interessanti, e lo stile neoclassico di base era molto evidente. Un porticato a colonne binate sottolineava l’ingresso al centro della tribuna principale, quest’ultima caratterizzata nel suo complesso da una scansione delle finestre che, invece, strizzava l’occhio ad alcuni spunti di Art-Déco e di Stile Modernista. Proprio l’anima Art-Déco si rivelava in tutta la sua eccezionalità nelle sale interne della tribuna, e in particolare nel Salone d’Onore, dove arredi, modanature e suppellettili stupivano i visitatori in un’esplosione di bellezza e lusso ricercato.
Entrando negli anni ’80, però, lo stadio Heysel era un edificio quasi fatiscente. Gran parte dello stadio, costruito in semplici mattoni forati di cemento, era ormai vittima del degrado e del deterioramento. Alcune tubazioni interne presentavano spesso perdite e l’acqua si infiltrava nelle pareti, indebolendo la struttura in punti specifici dello stadio. In altre aree dell’impianto, invece, pezzi di legno e calcinacci si staccavano con facilità, e non era raro trovarne sparsi per terra sulle gradinate.
Juventus-Liverpool, Heysel 1985
Il 29 maggio 1985, per la finale di Coppa dei Campioni, i tifosi della Juventus vengono collocati nella Curva M-N-O, il settore sud-est dell’impianto (con l’edificio dell’Atomium alle sue spalle), mentre quelli del Liverpool prendono posto nella curva opposta, settori X-Y. Fra la curva dei tifosi inglesi e la tribuna centrale c’era uno spicchio di gradinata denominato Settore Z, riservato a spettatori neutrali in possesso di biglietto non associato ad alcuna delle due tifoserie. Questa scelta organizzativa era stata criticata da entrambi i club già nei giorni precedenti alla gara, perché si temeva la possibilità che tifosi di entrambe le squadre si ritrovassero insieme nello stesso settore, acquistando i biglietti personalmente tramite le agenzie locali.
Le proteste delle due società, però, erano state respinte dagli organizzatori, sicuri di aver pianificato al meglio la situazione e di poter gestire qualunque eventualità. Il giorno della finale, il Settore Z si trasformò in una succursale della curva juventina, e soltanto una recinzione metallica provvisoria lo divideva dalla curva del Liverpool, a cui si aggiungeva un blando cordone di poliziotti per mantenere un corridoio di spazio vuoto fra le due sezioni.
Circa un’ora prima del calcio d’inizio, un gruppo di hooligans inglesi tentò di spingersi verso il Settore Z, prima con alcune cosiddette cariche intimidatorie, infine riuscendo a sfondare le recinzioni. I tifosi bianconeri, fra i quali moltissime famiglie e persone qualunque, in nessun modo collegati ai gruppi organizzati del tifo juventino (e quindi incapaci, nel caso, di reagire) cercarono la via di fuga più ovvia e immediata verso il campo ma le forze dell’ordine, contro ogni logica e probabilmente in preda al panico, formarono immediatamente un cordone di protezione ricacciandoli indietro.
A quel punto, i tifosi della Juventus si ritrovarono in un vicolo cieco, sempre più schiacciati contro la parete laterale di separazione con la tribuna, che finì per collassare. Le strutture murarie e di recinzione del settore non riuscirono a reggere un tale peso e i tifosi, cercando di scappare e in preda al panico, crearono una calca drammatica, provando invano a trovare spazi liberi in cui trovare riparo. Nella ressa che si verificò, in quei minuti concitati, molte persone morirono schiacciate sotto il peso di altri tifosi oppure contro le barriere perimetrali della gradinata. Le vittime furono 39, i feriti oltre 600.
Mentre si svolgevano i fatti, dal campo (e tramite l’audio dello stadio) i capitani delle due squadre e gli organizzatori trasmettevano grotteschi appelli a mantenere la calma, dando la misura di come nessuno avesse compreso l’entità di ciò che stava accadendo realmente.
Così come accadrà 4 anni dopo a Hillsborough, soltanto a tragedia avvenuta le istituzioni si resero conto di quanto fosse grave la situazione-stadi in Europa, in quel periodo. Non solo, risulterà evidente anche quanto fosse arretrata la concezione stessa dell’evento sportivo, e di come fossero sommarie l’organizzazione e la preparazione delle forze dell’ordine e degli addetti ai lavori alla gestione dell’ordine pubblico. Pochi minuti dopo la tragedia, le autorità locali, in accordo con quelle della UEFA, della Juventus e del Liverpool (ma senza il parere unanime dei giocatori), decisero di far disputare ugualmente la finale, per evitare il rischio di ulteriori incidenti. La Juventus vincerà 1-0, con gol di Michel Platini.
Dopo quel giorno, i club inglesi saranno banditi dalle competizioni europee per cinque anni (il Liverpool sconterà sei anni di squalifica). L’impreparazione della polizia, le strutture fatiscenti dello stadio, la totale assenza di vie di fuga, la presenza di recinzioni che rappresentavano un ostacolo mortale per gli spettatori, e le intemperanze di una frangia di tifosi stessi, avevano contribuito a “creare” i presupposti di una tragedia che segnerà il punto di svolta quasi definitivo nella concezione di una partita di calcio come un vero e proprio evento pubblico.
Per vedere i risultati di questo nuovo approccio, però, sarà necessario aspettare il nuovo decennio. Negli anni Novanta, complice il disastro di Hillsborough e le misure prese dal governo britannico, il calcio europeo si adeguerà a una nuova idea di stadio come edificio funzionale progettato pensando alle dinamiche della società contemporanea, senza riuscire però a cancellare i gravi errori e la miopia del passato.
Euro 2000 e Re Baldovino
Oggi l’Heysel è uno stadio molto cambiato. Ha sempre quell’estetica sospesa fra le diverse epoche del Novecento, complice la ristrutturazione del 1995 che ne ha rinnovato le gradinate, inserendo posti a sedere e aggiungendo la copertura integrale sull’impianto, e la facciata storica del 1930 è incastonata in una più ampia e moderna in mattoni rossi.
L’impianto può accogliere 60mila persone e, in tempi recenti, ha ospitato alcune partite di Euro 2000, fra cui la gara d’apertura Belgio-Svezia e una delle due semifinali, Francia-Portogallo, oltre a vari altri eventi sportivi (in particolare meeting di atletica) e musicali.
La conformazione delle gradinate è cambiata, passando a due anelli, con quello inferiore, più ampio, che ricalca l’impronta dell’anello originale del vecchio stadio. Anche il nome è diverso, con l’intitolazione “Stade Roi Baudouin” – Koning Boudewijnstadion in onore di Re Baldovino, sovrano del Belgio dal 1951 fino alla sua scomparsa, nel 1993. L’impatto generale dell’edificio è comunque rimasto immutato, con la tribuna centrale che domina ancora lo stadio e rimane semi-indipendente rispetto al resto delle gradinate.
In particolare, il lavoro più interessante del recente progetto di ristrutturazione è stato realizzato proprio sulla struttura della tribuna: gran parte dell’edificio originale non esiste più ed è stato sostituito da un imponente parallelepipedo in mattoni rossi, segnato da quattro elementi verticali sporgenti che ne suddividono la facciata in modo regolare (quasi fossero enormi paraste rilette in chiave moderna). Come detto, la porzione originale è stata mantenuta e riproposta: il porticato con trabeazione, che ricreava un portale neoclassico “in miniatura”, è stato inglobato e valorizzato nella nuova struttura, creando un forte contrasto di colori e stili che ne evidenzia immediatamente la presenza e il valore architettonico agli occhi del visitatore.
Nelle intenzioni della Federazione belga, comunque, lo stadio Heysel/Re Baldovino sta arrivando alla fine della sua corsa. Da tempo, ormai, è forte la volontà di costruire il tanto chiacchierato Eurostadium, ipotetico nuovo impianto nazionale con capienza a 50mila posti (ampliabili a 60mila), senza pista d’atletica, e situato nella zona appena adiacente all’attuale stadio.
Proprio con questo progetto sul tavolo, Bruxelles si era inizialmente candidata a città ospitante di EURO 2020 (l’edizione itinerante del torneo continentale, suddivisa fra diverse capitali europee) ma, per vari ritardi sull’iter burocratico, era stata successivamente esclusa dalla lista definitiva delle sedi ufficiali. I lavori per il nuovo Eurostadium, infatti, sarebbero dovuti iniziare già nel 2016 ma, al momento, tutto è ancora fermo su carta, e l’Heysel rimane stadio nazionale del Belgio e monito per la storia del calcio europeo.
I nostri consigli editoriali, per approfondire l’argomento:
- Heysel. Le verità di una strage annunciata, di Francesco Caremani
- Quella notte all’Heysel, di Emilio Targia
- L’ultima curva. La tragedia della stadio Heysel, di Nereo Ferlat
Cover image: La targa allo stadio Heysel in ricordo dei morti nella tragedia del 1985 (photo: Randy110912 / Wikimedia Commons / CC BY-SA 4.0)
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