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Siena, lo strano caso dello Stadio Franchi

Luci e ombre attorno a uno stadio a suo modo diventato unico e caratteristico.

C’è sempre stato qualcosa di affascinante e allo stesso tempo incompleto nello Stadio Artemio Franchi di Siena. Calato nella conca naturale ai piedi della Fortezza Medicea, su un lato, e all’ombra dell’austero profilo gotico della Basilica Cateriniana di San Domenico, a sud, lo stadio della Robur è sempre stato in bilico fra l’incredibile panorama che lo avvolge e lo sgraziato aspetto delle sue gradinate, così instabili e precarie da essere diventate il simbolo negativo del suo declino.

Non è un caso che molti appassionati, soprattutto stranieri, rimangano piacevolmente rapiti da questo luogo che riesce a mettere insieme sport e paesaggio come pochi altri in Italia, anche se in condizioni di funzionalità al limite dell’accettabile. E nonostante le recenti difficoltà del club, il Franchi è riuscito a diventare uno stadio di Serie A e un simbolo della storia della città partendo dall’essere un campo sportivo nato quasi per caso.

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Vista aerea della città di Siena e dello Stadio Artemio Franchi (photo via SienaComunica)

Ne è passato di tempo da quando qui c’era un prato sconnesso, in realtà con ben poca erba, nella cosiddetta Conca del Rastrello. In effetti, è trascorso un secolo da quel 1923 quando l’allora squadra del Siena iniziò ad allenarsi qui, all’ombra di una piccola tribunetta in assi di legno, con l’obiettivo (e l’ambizione) di farlo diventare uno stadio.

“Stadio”, il Rastrello, lo diventerà solo nel 1938, mentre attraverso varie problematiche venivano portati avanti i lavori di movimentazione del terreno (per realizzare il fondo del campo) e costruzione delle gradinate. Nell’attesa il Siena giocava ancora nel campo di Piazza d’Armi mentre, fra un intervento di cantiere e l’altro, nella conca del Rastrello si disputavano saltuarie gare ginniche o di equitazione.

L’8 dicembre 1938, finalmente, si inaugurò il nuovo stadio, dopo che soltanto l’anno prima erano stati portati altri 130mila metri cubi di terreno per completare il fondo di gioco (all’epoca per un costo di 1 milione di lire). E nonostante il progetto del 1935 firmato dall’ing. Sabatini fosse stato ridimensionato per ragioni di opportunità (prevedeva la realizzazione anche di una piscina, di una palestra e di una campo d’atletica), lo stadio era lì, con una bella tribuna centrale coperta degna di questo nome (sul lato ovest, attualmente ancora esistente seppur rimodernata negli anni, e denominata Tribuna Danilo Nannini).

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Lo Stadio Comunale Rastrello di Siena, in una cartolina d’epoca, circa anni ’40 (img via Museo Grigio)

Inizialmente intitolato a Rino Daus, attivista fascista morto in una rappresaglia nel 1921, oggi lo conosciamo come Stadio Artemio Franchi: uno dei più importanti dirigenti del calcio italiano, senese di origine, fiorentino di nascita e poi scomparso proprio a Siena in un tragico incidente stradale nel 1983, è curioso che oggi sia celebrato da due stadi fra i più discussi nel panorama italiano (quello di Siena, appunto, e quello di Firenze).

Ma più passa il tempo più la storia dello stadio di Siena, che sorge nella Contrada del Drago ed è a 10 minuti a piedi da Piazza del Campo (perché qui non si può parlare di qualcosa senza collegarlo ai colori da difendere durante lo storico Palio), prende una piega inversamente proporzionale ai successi sportivi. Fra gli anni ’50 e ’60, il Siena si stabilizza in Serie C e l’impianto si arricchisce della tribuna scoperta sul lato est, e successivamente di due settori di curva.

Poi, a fine anni ’90, l’exploit. I bianconeri centrano la promozione in Serie B nel 2000 e, appena tre anni dopo, salgono in Serie A (dove rimarranno per una decina d’anni). È il Siena che fa sognare, con la coppia d’attacco Enrico Chiesa-Tore Andre Flo, ma lo stadio è anche costretto ad adeguarsi ai ferrei criteri infrastrutturali della massima serie, e inizia ad arricchirsi di un collage di settori singoli in tubi innocenti, che quasi trasformano il nome “Rastrello” in una descrizione effettiva della disposizione delle tribune.

Rigorosamente scoperto (tranne la tribuna storica) e clamorosamente confuso, l’impianto diventa un paradosso per quanto appare raffazzonato al cospetto di un luogo e un paesaggio da far invidia a qualunque altro luogo sportivo italiano. Il Franchi diventa anche conosciuto fra gli appassionati perché regolarmente accessibile in settimana (cosa quasi impossibile per uno stadio di calcio professionistico) e diventa strano sedersi liberamente su uno dei seggiolini dello stadio, senza partite in programma, e guardarsi intorno vedendo il campanile della Basilica di San Domenico o le mura della Fortezza Medicea, quasi ci si trovasse in un anfiteatro naturale che ha più accezione turistica che sportiva.

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Scorcio verso l’interno dello Stadio Artemio Franchi di Siena (photo via Gazzetta di Siena)
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Con il crollo del gruppo MPS, il Siena non si iscrive al campionato di Serie B 2014/15 e l’anno successivo va in liquidazione. Si aprono pagine di caos assoluto nella gestione societaria del club e il Franchi rimane sullo sfondo, in parte travolto in parte abbandonato.

Quale futuro per il Franchi di Siena?

A giugno 2021, la società calcio Siena Noah si era aggiudicata il bando comunale di gestione dello stadio, con una concessione di dieci anni e il conseguente impegno a realizzare i lavori di adeguamento da far partire entro sei mesi, e terminare entro il marzo 2023.

Tempistiche piuttosto stringenti per un piano di interventi che prevede il consolidamento statico e l’adeguamento sismico della gradinata scoperta e della tribuna coperta, così da essere poi in linea con i nuovi edifici: un centro wellness, ristoranti e un piccolo auditorium. Per un investimento di circa 50 milioni di euro, l’idea sarebbe quella di trasformare completamente il Franchi in uno stadio moderna da almeno 15mila posti, e a tutto questo si aggiunge la gestione ordinaria attuale, con manutenzione e pulizia dei seggiolini, e la manutenzione e potatura degli alberi e delle aree verdi dell’area-stadio.

Nell’estate 2021, l’assessore allo sport, Paolo Benini, definiva il Franchi «un ammasso di tubi, una cosa post-moderna e indefinibile, orrenda», e auspicava che si intavolassero i discorsi per costruire al suo posto un nuovo stadio.

A gennaio 2022, il gruppo consiliare PD ha portato un’interrogazione in Comune chiedendo lumi circa l’effettiva partenza dei lavori (viste le scadenze temporali previste) e se è previsto un piano B che possa garantire un’alternativa per non lasciare lo stadio a sé stesso. La partita rimane, faticosamente, aperta ma questo luogo merita assolutamente un nuovo stadio che sia degno della storia e del paesaggio della Conca del Rastrello.

Come servirebbe intervenire sul Franchi di Siena, secondo voi? Scrivetecelo qui nei commenti oppure sui nostri profili social!

» lo Stadio Franchi di Siena è qui, su Google Maps

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