L’orgoglio del Sevilla, il fascino dello storico mosaico e la nascita da una “costola” del Bernabéu.
Il 28 ottobre 1956 moriva prematuramente Ramón Sánchez Pizjuán Muñoz, presidente e anima del Sevilla FC, che in quel momento stava assistendo alla realizzazione del suo sogno: la costruzione dello stadio del club, immaginata addirittura vent’anni prima e concretizzata solo alla fine degli anni ’50, per dare una svolta al futuro della squadra e abbandonare lo scomodo e inadeguato terreno di gioco del Nervión.
Inaugurato il 7 settembre 1958 in un’amichevole contro il Real Jaén, il nuovo stadio garantiva una serie di comodità e di modernità che erano alla base del boom calcistico per la società del Secondo Dopoguerra. E la matrice arrivava da Madrid.
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Sì, perché il concorso indetto dal Sevilla nel 1954 era stato vinto dall’architetto Manuel Muñoz Monasterio che, insieme a Luis Alemany Soler, a metà anni ’40 aveva tratteggiato le forme del nuovo Estadio Bernabéu, casa del Real Madrid (e poco dopo aveva disegnato il nuovo impianto del Cadice, l’Estadio Ramón de Carranza).
Erano poco più di 70mila i posti dell’originale Estadio Sánchez Pizjuán di Siviglia, anche se nelle prime gare ufficiali alcune parti erano ancora incomplete, in particolare le sezioni superiori delle tribune nord e a sud (che verranno terminate soltanto nel 1975).
Nel 1982 la capienza scese a 66mila spettatori in virtù dei requisiti per la Coppa del Mondo (che qui passò anche con la semifinale Francia-Germania), mentre nel 1986 si giocò al Pizjuan la finale di Coppa dei Campioni fra Barcellona e Steaua Bucarest, fino agli anni recenti, con la capienza ormai scesa a 43mila posti (per la riconfigurazione delle gradinate con i seggiolini), e il Sevilla pluricampione della Coppa UEFA / Europa League.
Vista aerea dell’Estadio Sánchez Pizjuán di Siviglia (photo: Ivansc98 / Wikimedia Commons CC BY-SA 4.0)
Nel 2015, infine, è stata avviata un’altra ristrutturazione, questa volta quasi integrale: l’adeguamento del colore delle sedute, l’aggiunta di un velo di rivestimento esterno delle tribune con facciate in acciaio e retroilluminate a led, il rifacimento dei punti di ristoro e dei servizi igienici, la sostituzione delle recinzioni con pannelli in vetro, la ristrutturazione delle aree spogliatoi, l’ampliamento della parte bassa della gradinata est.
Ma il Sánchez Pizjuán continua a essere luogo centrale e rappresentativo dell’identità sevillista. I colori, la posizione nel cuore del quartiere Nervión nel terreno adiacente al luogo del precedente campo da gioco del club (qui, su Google Maps), il fascino di una struttura rimasta parzialmente originale come a fine anni ’50, spartana e ruvida ma capace di moltiplicare l’attaccamento dei tifosi alla squadra.
Il tutto riassunto probabilmente da uno degli elementi artistici più incredibili della città: il famoso mosaico dello stadio, che adorna l’intera porzione centrala esterna della tribuna ovest, e che fu realizzato dall’artista Santiago del Campo come parte degli interventi di ammodernamento per i Mondiali ’82.
Un’opera colossale, che copre 470 metri quadrati e raduna gli stemmi di 60 club che il Sevilla aveva affrontato nella sua storia fino al 1982. Realizzata con tratti che richiamano in parte lo stile architettonico e decorativo moresco, tipico dell’influenza araba sulla città, fu completato in un anno e ancora oggi è una delle opere più belle della città.
Per saperne di più:
- l’Estadio Sánchez Pizjuán di Siviglia su Google Maps
- “Il rilancio dell’immagine del Siviglia attraverso la cultura della città”, qui su Archistadia
- “Il Levante ha trasformato il suo stadio in uno dei migliori di Spagna”, qui su Archistadia
- “Real Sociedad, un modello di intervento per gli stadi a pianta ovale”, qui su Archistadia
- clicca qui per scaricare la mappa dello stadio ad alta risoluzione
(il settore ospiti del Sánchez Pizjuán è individuato in S46, angolo sud-est dello stadio)
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Cover image: Vista panoramica dell’Estadio Sánchez Pizjuán di Siviglia (photo: Niels98 / Wikimedia Commons CC BY-SA 4.0)
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