Perché lo Stadio Olimpico di Barcellona è importante (ma solitamente poco celebrato).
La collina del Montjuïc non è soltanto una rigogliosa altura che osserva Barcellona ma è soprattutto uno dei suoi cuori pulsanti, e custodisce una parte fondamentale della storia e dell’identità di questa città.
Il Montjuïc (che significa Monte degli Ebrei in catalano medievale, dato che qui sono stati ritrovati i resti di un antico cimitero ebreo) si trova nella zona sud di Barcellona, e guarda dall’alto il porto, da un lato, e lo sviluppo regolare dell’urbanistica cittadina voluto da Ildefons Cerdá(1) a fine Ottocento, dall’altro. La storia della collina risale al Seicento e si è poi sviluppata soprattutto nel Novecento, con lo Stadio Olimpico diventato oggi l’elemento più riconoscibile dell’area (qui, su Google Maps), edificio che fa da fulcro sulla mappa dei luoghi della collina che sono anche pagine di storia, politica e sport locali come poche altre zone cittadine in Europa.
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(1) Ildefons Cerdá i Sunyer (1815-1876), urbanista e ingegnere, a lui si deve il “Piano Cerdà” (1860), superlativo progetto urbanistico che cambiò del tutto il volto di Barcellona, avviando un’espansione basata su una maglia regolare e squadrata di isolati.
Al momento della sua inaugurazione si chiamava soltanto Estadio Olímpico de Montjuïc, perché era effettivamente uno stadio costruito per un’Olimpiade. Quale? In realtà avrebbe dovuto ospitare i Giochi del 1936 ma quando Barcellona fu esclusa (forzatamente) dalla selezione che invece premierà Berlino, per protesta l’allora Repubblica Spagnola decise che si sarebbe tenuta un’Olimpiade parallela, chiamata Olimpiada Popular. Non avverrà nemmeno questa, però, perché il 18 luglio 1936 in Spagna scoppierà la Guerra Civile.
Simbolo delle nuove architetture urbane
Lo stadio, in ogni caso, era stato inaugurato nel 1929 dopo un anno o poco più di lavori, su progetto dell’architetto Pere Domènech i Roura(2), figlio dell’architetto modernista Lluís Domènech i Montaner. E aveva ospitato l’Expo Internazionale di quell’anno, organizzata a Barcellona per la seconda volta nella storia, e promossa come simbolo del nuovo corso dell’architettura e della progettazione urbana: si poneva l’accento sul Noucentisme, un’ondata culturale prettamente catalana che aveva una ricaduta anche sull’architettura e cercava di staccarsi da tutti i dettami del Modernismo, riproponendone solo alcuni ma in una forma diversa e più creativa.
L’Expo del 1929 sottolineò anche l’arrivo dell’avant-garde e in particolare del Razionalismo, (celebrato per esempio dal Padiglione di Barcellona, progettato da Mies van der Rohe(3)) e, insieme allo stadio, arricchì la collina del Montjuïc di altri edifici oggi diventati monumenti cittadini ed esempio straordinario dell’architettura di quel periodo: il Palau Nacional de Catalunya; la Font Màgica; il Teatro Greco; il Poble Espanyol.
(2) Pere Domènech i Roura (1881-1962), architetto nato a Barcellona e legato al Modernismo – come suo padre, l’arch. Lluís Domènech i Montaner – oltre allo stadio Olimpico firmò il progetto del Casa de la Premsa e collaborò al disegno del Palau Nacional.
(3) Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969), architetto e designer, è stato uno dei maestri del Razionalismo architettonico, realizzando edifici con linee semplici e regolari, dal forte impatto estetico.
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Nell’occasione dell’inaugurazione dell’Expo 1929, sul prato dell’Olimpico si giocò anche una partita di rugby fra la Nazionale spagnola e quella italiana, ma lo stadio aveva un tale carattere polisportivo e monumentale che avrebbe poi ospitato discipline dal calcio al ciclismo, dalle gare motoristiche alla boxe, dal baseball all’atletica.
Il corpo della tribuna principale era l’elemento architettonico di prestigio, ed è anche quello più importante che è stato conservato ed è visibile ancora oggi. La scansione regolare e ripetuta delle aperture è accentuata da tre corpi principali aggettanti: uno è quello centrale, che inquadra l’ingresso principale allo stadio, sormontato da una piccola cupola e segnato da due paraste su cui svettano le sculture dei due carri con gli Auriga, realizzate dall’artista Pablo Gargallo(4).
Le grandi finestrature ad arco al secondo ordine della facciata riescono ad alleggerire e ammorbidire l’impatto di un blocco che invece sarebbe piuttosto austero e l’alta torre che conclude la porzione aggettante di sinistra contribuisce a cambiare improvvisamente il paradigma estetico, interrompendo la simmetria della facciata (larga quasi 130 metri in totale) e portando lo sguardo dell’osservatore verso l’alto. Era questa la torre che avrebbe dovuto ospitare la fiaccola olimpica nel 1936, in cima a una sorta di monoptero(5) semplificato dal gusto classico.
L’architettura della facciata dello stadio proseguiva (e prosegue ancora oggi) lungo tutto il perimetro dell’impianto, e ricorda molto da vicino la stessa estetica del vecchio stadio di Wembley (1923), con un uso simile delle finestrature ad arco e della sequenza regolare di ingressi. Questa soluzione era facilitata dalla scelta di incassare il campo a una quota inferiore rispetto al piano strada esterno, caratteristica che verrà ulteriormente acuita con l’intervento di ristrutturazione operato negli anni ’80.
(4) Pablo Emilio Gargallo Catalán (1881-1934), scultore capace di realizzare opere sia secondo dettami classici e novecentisti sia seguendo lo stile avanguardista. Alcune sue opere visibili a Barcellona sono raccolte in un elenco a fondo articolo.
(5) monoptero, nell’antichità classica era un tempio costituito da un solo ordine di colonnato su pianta circolare.
1992, ancora simbolo di un rinnovamento urbano
Già insediamento e cava di materiali ai tempi dell’Impero Romano, e poi vero e proprio embrione della futura città di Barcellona, la collina del Montjuïc accompagna e fa da simbolo a una delle più importanti trasformazioni urbane della storia della città: nel 1992 arrivano i Giochi Olimpici e Barcellona mette in piedi un riassetto urbanistico che ancora oggi viene ricordato come un caso-studio fondamentale nel rapporto fra sviluppo cittadino e grandi eventi sportivi, e di cui il Montjuïc racchiude alcuni dei luoghi più rappresentativi.
Con l’organizzazione dei Giochi, gli spazi intorno allo Stadio Olimpico si arricchiscono di edifici sportivi che compongono quella che sarà la cittadella chiamata “Anella Olímpica”: di fronte alla facciata principale dello stadio si sviluppò la spianata del viale olimpico, accompagnata da due file laterali di lampioni a forma di colonna e arricchita da piccoli ritagli di verde, che conduceva all’elemento circolare chiamato Plaça d’Europa.
Sul lato nord (oppure sul lato sinistro, se siete di fronte allo stadio), le Piscine Bernat Picornell (1969, progetto di Antoni Lozoya, Pere Ricart, Aleix Agullé), splendido complesso per il nuoto che strizzava l’occhio ai dettami del Razionalismo e con una vista privilegiata dai trampolini per i tuffi verso la città. A sud, invece, il Palau St Jordi (1990, Arata Isozaki e Mamoru Kawaguchi), arena indoor fra le più grandi d’Europa con la sua inconfondibile forma a guscio, e affiancata dalla Torre delle Telecomunicazioni (1992, Santiago Calatarava), affascinante ghirigoro futurista che si slancia verso il cielo e crea un improvviso dinamismo al complesso della piazza.
1992, ristrutturazione e conservazione: il nuovo Olimpico
Dal canto suo, lo Stadio Olimpico fu ampiamente ristrutturato in vista dei Giochi del 1992, mantenendo però gli elementi storici e architettonici originali e peculiari, con un progetto attento a portare nel nuovo millennio un impianto pensato per un’altra epoca.
Il progetto fu gestito da quattro architetti locali, Federico Correa, Alfonso Milà, Joan Margarit, Carles Buxadé, insieme a Vittorio Gregotti, che coordinò anche l’intero team: si trattò in effetti di un intervento di ricostruzione e integrazione, con la completa trasformazione della cavea di gradinate interne, portata a due anelli incassati sotto la quota-strada (abbassando il campo da gioco di 12 metri), la ricostruzione del tetto sulla tribuna principale (con un nuovo piano sorretto da travi reticolari lunghe 65 metri) e la conservazione delle facciate perimetrali esterne e di quella monumentale principale.
Leggi l’approfondimento: “L’architettura sportiva di Vittorio Gregotti” che ho scritto per la rivista Ultimo Uomo
L’intervento fu poco invasivo dal punto di vista estetico, e riuscì a mettere perfettamente in connessione le porzioni storiche con le gradinate del tutto contemporanee, andando in particolare a tener fede alla pianta originale dell’edificio, quella dello “stadio” per definizione, cioé con due tribune laterali parallele che si concludono con due lati curvi.
Oggi lo Stadio Olimpico del Montjuïc va visitato come un luogo di architettura e di sport come pochi altri in Europa.
È il punto focale di una cittadella sportiva che ha segnato un passaggio fondamentale nel modo di concepire i grandi eventi sportivi e di adeguare la pianificazione urbana a essi; ed è anche un edificio di grande valore architettonico che si inserisce in una nuvola di punti sulla mappa di questa collina, diventata nel tempo un affascinante racconto di storia dello sport e dell’architettura catalana.
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Per saperne di più su Barcellona, puoi leggere:
- Il (mai realizzato) progetto di restyling del Camp Nou di Foster+Partners
- Sulle tracce dell’Estadi de Sarrià
- Il gioco di geometrie dello stadio dell’Espanyol
- Ricardo Bofill (1939-2022), classicità e postmoderno per dialogare con lo spazio
Le sculture di Pablo Gargallo
I due carri con gli Auriga (i conduttori della biga), una figura maschile e una femminile, non furono le sole opere destinate allo Stadio Olimpico.
Gargallo realizzò anche due cavalieri con il braccio alzato in segno di saluto, conosciuti come “El saludo Olimpico”, che presidiavano la Puerta de Maratón e che furono restaurati e portati prima nel Palacio della Virreina, sulla Rambla, per poi ritornare nello Stadio Olimpico. Di queste due statue furono fatte delle copie che oggi si possono vedere nel Museo Pablo Gargallo, nella città di Zaragoza.
Altre opere di Gargallo si possono trovare a Barcellona qui:
- Hospital de Santa Pau: figure decorative
- Palacio de la musica Catalana: Beethoven; le valchirie; i cavalli alati; il busto di Clavé
- Plaza Cataluña: El Pastor de aguila (1927-1928); El Pastor de la flauta (1928)
- Parque de La Ciudadela: monumento all’attore Lleó Fontova (1909)
Dal 2001, lo Stadio Olimpico del Montjuïc è intitolato alla memoria di Lluís Companys(6). Dopo i Giochi del 1992 ha ospitato alcune finali di Coppa del Re spagnola ed è stato anche lo stadio di casa dell’Espanyol fra il 1997 e il 2009, nel periodo fra la demolizione dell’Estadi de Sarrià e la costruzione del nuovo RCDE Stadium.
Oggi ha una capienza di poco superiore ai 55mila posti.
(6) Lluís Companys i Jover (1882-1940) fu ministro e Presidente del governo autonomo catalano. Morì fucilato all’interno del Castello del Montjuic per volere del generale Francisco Franco.
Per la stagione 2023/24 e parte della 24/25, il Barcellona gioca eccezionalmente le sue partite casalinghe qui allo Stadio Olimpico, in virtù dei lavori in corso di ristrutturazione del Camp Nou. Qui trovi l’articolo con informazioni utili e mappa dello stadio.
Cover image: Vista della facciata esterna dello Stadio Olimpico del Montjuic di Barcellona, attraverso il viale della Anella Olimpica (img: Karsten Knöfler / Wikimedia Commons / CC BY 3.0 DEED)
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