Storia della città e dei suoi stadi.
prosegue dalla parte-1, pubblicata qui
Del resto, quando John Brush lasciò la presidenza del club, nel 1902, il nuovo proprietario Garry Herrmann non diede seguito alla visione a lungo termine di cui il Palace of the Fans aveva estremo bisogno. Forse attratto di più dai nuovi stadi dell’epoca (come il Forbes Field, a Pittsburgh, e il Comiskey Park, a Chicago), negli anni successivi Herrmann non pensò a migliorare l’impianto che, pur nella sua straordinaria innovazione, cominciava a presentare diverse problematiche. Neanche il tentativo (riuscito) di installare temporaneamente l’illuminazione notturna su progetto di George F. Cahill, il 19 giugno 1909, non riuscì a rallentare il declino del suo splendore. La struttura fu soggetta ad alcuni crolli e iniziò a essere considerata poco sicura, fino a quando un altro incendio ne segnò la definitiva fine.
La demolizione avvenne nel 1911, e lasciò spazio nel 1912 a un nuovo stadio: il Crosley Field.
L’impianto che fino al 1933 era denominato Redland Field, rappresentava una chiara espressione del boom degli stadi del baseball avvenuto nel secondo decennio del Novecento. Oltre a quelli già precedentemente citati, in tale periodo si costruirono infatti anche il Fenway Park (Boston, 1912) e il Wrigley Field (Chicago, 1914), dichiarando apertamente l’inizio di una nuova era del baseball professionistico.
Progettato dall’architetto Harry Hake, già firma di altri edifici civili a Cincinnati, lo stadio aveva un’iniziale capienza di circa 20mila spettatori e, per la sua particolare conformazione a V, venne subito soprannominato “Boomerang” e, pur distanziandosi dall’articolato stile del Palace of the Fans, riuscì ad entrare nella storia come la terza infrastruttura sportiva destinata al baseball realizzata in acciaio e calcestruzzo armato.
Su quel terreno i Cincinnati Reds vinsero le loro prime World Series nel 1919 (scoprendo poi il famoso scandalo giostrato dai Chicago White Sox) e successivamente, nonostante un graduale calo delle presenze di pubblico, fu sempre al Crosley Field che il 24 maggio 1935 si disputò la prima partita notturna con impianto di illuminazione permanente. L’innovazione, voluta fortemente dal presidente Powel Crosley Jr., consentì al club di mantenere un buon equilibrio finanziario, in un periodo chiaramente minacciato dalla Grande Depressione che insisteva sulla città di Cincinnati.
Nel tempo il Crosley Field fu continuamente ristrutturato, ampliando le tribune per ospitare fino a 30mila persone, e diventando famoso per la sua gradinata terrace particolarmente inclinata. I Reds vinsero qui un’altra World Series nel 1940 ma nello stadio si giocarono anche partite di football (tra cui quelle dei Bengals nel 1937) e furono organizzati rodei, convention politiche, spettacoli sul ghiaccio, oltre a grandi concerti come quello dei Beatles nel 1966. Come per i precedenti impianti, però, il continuo sviluppo della MLB e la necessità (anche politica) di identificare la città di Cincinnati con un’immagine più moderna, spinse a
considerare la progettazione di una nuova “casa” per la squadra.
Crosley Field iniziava a mostrare alcuni problemi strutturali ma, soprattutto, alcune criticità logistiche, in particolare legate alla sua posizione. A est dello stadio nel 1957, infatti, fu costruita la strada Interstate 75 che lo costrinse in un’area ancora più marginale e ridotta, dato che la zona ovest era già destinata all’infrastruttura ferroviaria. Negli anni Sessanta, poi, la criminalità cominciò a essere un fattore nel quartiere, e il vecchio stadio scivolò lentamente in una situazione di degrado.
Nel 1970, quando i Reds si trasferirono nel moderno Riverfront Stadium, il Crosley Field fu definitivamente abbandonato. Nonostante avesse superato vari alti e bassi, fra cui anche la grande esondazione del fiume Ohio nel 1937, ora che i riflettori della città erano ormai rivolti verso il nuovo impianto, l’edificio lungo Findlay Street conobbe il vero declino. Stupiscono ancora le foto che ritraggono lo stadio trasformato in un parcheggio per auto poste sotto sequestro, con agenti di polizia al posto dei giocatori e le erbacce sugli spalti al posto del pubblico.
In quel periodo, violando il divieto d’accesso per proprietà privata, alcuni cominciarono a entrare di nascosto e raccogliere cimeli, smantellando parzialmente un’architettura che era stata scenografia di alcune tra le più belle storie sportive cittadine. Infine, nel 1972 le autorità consentirono l’avvio della demolizione e, anche in quel caso, resta storica l’istantanea che cristallizza la prima breccia aperta nel muro dello stadio con la gente che, ancora una volta, recupera i detriti da conservare per il futuro.
Perché il Crosley Field, allo stesso modo degli impianti precedenti, era questo. Non certo un semplice edificio ma la testimonianza della storia di Cincinnati. Oltre alle due World Series vinte, nel 1947 qui si era anche assistito al famoso abbraccio tra Pee Wee Reese e Jackie Robinson, che aprirebbe un enorme capitolo sulla discriminazione e sul razzismo dell’epoca, e ancor prima, nel League Park I, alla prima vittoria nell’American Association dei Toledo Blue Stockings, 1884 (risultato storico poiché nel roster della squadra era presente anche il ricevitore Moses Fleetwood Walker, primo afroamericano a giocare in questa categoria).
Storie incredibili che oggi appaiono distanti passeggiando tra le vie dell’ex sito del Crosley Field. A ricordarne la presenza rimangono soltanto poche tracce: un cartello nei pressi del City Gospel Mission, un traliccio di riflettori originale, un memoriale che ne riporta la storia. E poi la posizione di alcune basi del diamante di gioco, segnalate attraverso una differenziazione materica sul terreno, oltre a un murale che dal 2016 ne ritrae una vista in prospettiva.
E se di questo stadio soprannominato sembra rimasto ben poco, dei suoi predecessori si è perso quasi completamente il ricordo. Nell’area dell’Union Grounds, ad esempio, ora vi è l’accesso al Cincinnati Union Terminal (1933, qui); in quella del Bank Street Grounds c’è un desolante parcheggio (qui); la traccia di Avenue Grounds si è invece del tutto perduta nel rinnovato tessuto urbano. A ricordare la grande storia del “batti e corri” sviluppatasi nel West Side di Cincinnati c’è solo il monumento “Crosley Terrace” davanti all’attuale Great American Ball Park (2003) e la ricostruzione, seppur concettuale, del frontone principale del Palace of the Fans, all’interno dell’edificio dedicato alla Hall of Fame dei Cincinnati Reds.
In effetti, come accaduto per il Comiskey Park (1910) a Chicago, anche in questo caso la demolizione degli impianti storici ha condotto a un progressivo abbandono del passato, al di là della memoria nostalgica ma proprio inteso come un valore identitario per la comunità che è stato (quasi) volutamente cancellato. Un progressivo dissolvimento che, in questo caso, ha interessato un’intera area di Cincinnati, la stessa che rappresentò il vero centro dello sport professionistico della città fino al 1970.
» la posizione di Crosley Field era qui, vista su Google Maps
In tempi più recenti sono stati infine i tifosi a provare a far rivivere il Crosley Field. Larry Luebbers, uno degli appassionati che aveva recuperato un buon numero di cimeli e oggetti prima delle demolizione, riuscì a ricostruire una sorta di replica dell’impianto all’interno della sua fattoria in Kentucky. Riutilizzando sedili, cartelloni pubblicitari, metà di una biglietteria, insegne, persino il tabellone, arrivò a ricreare un parziale stadio sul cui campo giocarono addirittura i Cincinnati Suds, una squadra di softball.
L’ambizioso tentativo trovò un epilogo a causa delle personali difficoltà finanziarie di Luebbers, che abbandonò il progetto e smantellò poi tutto negli anni Ottanta, ma senza chiudere definitivamente questo capitolo. Oggi, nella località di Blue Ash, Ohio, una nuova replica di parte dello stadio Crosley Field (compresa la celebre gradinata terrace) è stata ricostruita ed è ben visibile dagli appassionati. Come a dire, con una nota di romanticismo tipico del baseball: bentornato a casa, caro Crosley Field.
Quello che rimane in questo lungo percorso del baseball a Cincinnati, fino ai giorni nostri, è una storia di vera e propria evoluzione sportiva, segnata da momenti unici definiti dal gioco e dalla ricaduta culturale sul pubblico. Ma anche un percorso dove i “ballpark” sono nati inizialmente slegati dal tessuto urbano, per poi essere inghiottiti da esso e infine quasi dimenticati in epoca contemporanea, il che infine ci dice molto anche sui tanti cambi di rotta intrapresi dalla progettazione sportiva nello sport americano e sulla ricaduta sul piano urbanistico e sulla crescita di macro-aree di città.
la prima parte di “Cincinnati e i luoghi del baseball” è qui
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