Alcuni spunti dal libro “Kuma. Complete Works 1988–Today”, edito da Taschen.
Nato a Yokohama nel 1954, Kengo Kuma è gradualmente diventato uno degli architetti giapponesi più importanti a livello contemporaneo, e forse quello più influente nel suo approccio alla progettazione. Impegnato da anni in una critica a quello che definisce il “metodo del calcestruzzo”, nel desiderio di trovare un’alternativa all’uso di questo materiale che governa il mondo, il suo stile progettuale è fortemente ispirato dalla tradizione giapponese e decisamente connesso a un profondo senso del luogo.
La sua crescita come architetto, ma anche come persona nel passaggio dalla giovinezza all’età adulta, lo pone di fronte a un forte cambiamento complessivo in atto in Giappone, che lo influenzerà nel suo fare architettura e che lui definisce come un salto dalla società industriale del XX secolo a quella post-industriale del XXI secolo.
Nel 1964 avevo 10 anni e frequentavo la quarta elementare. Mio padre mi portò a vedere il Yoyogi National Gymnasium appena realizzato su progetto di Kenzō Tange, e ne rimasi sbalordito. Tokyo era una città senza pretese all’epoca, composta principalmente da case di legno a uno e due piani. Kenzō Tange aveva costruito due torri di cemento nel mezzo di questa città piatta e sospeso il tetto del Yoyogi National Gymnasium tramite i cavi e fra le torri. Il Yoyogi National Gymnasium era così molto più alto di tutto ciò che lo circondava e sembrava toccare il cielo. Mi sono commosso quel giorno, e ho deciso di diventare architetto. Kenzō Tange e l’ambizione di creare edifici che toccassero il cielo erano i miei obiettivi.
Quando ho raggiunto il college, poi, il Giappone era completamente cambiato. Era emerso il problema dell’inquinamento e si era cominciato a pensare che i grandi edifici pubblici fossero uno spreco di tasse e una grave causa di danno ambientale. Kenzō Tange non era più un eroe nella mia mente ma solo un vecchio anacronistico. Ho incominciato allora a viaggiare negli angoli del mondo alla ricerca di qualcosa che potesse sostituire il cemento e l’acciaio: case fatte di mattoni essicati al sole, in Sahara; piccole case in legno sulle isole del Giappone. Ho tratto grandi insegnamenti dalla semplicità dei villaggi rurali.
La rivoluzione di Kengo Kuma nel nuovo Stadio Nazionale di Tokyo
Ciò che assumeva significato, ed è stato molto gratificante, era creare cose usando i materiali e le abilità che risultano essere unici per ogni luogo. Questo mi ha fatto pensare che dovevo concentrarmi su ogni luogo e lavorare a stretto contatto con le persone in quel luogo, dimenticandomi del paese in cui si trovava.
Quando ho saputo che le Olimpiadi sarebbero arrivate a Tokyo nel 2020 e che sarebbe stato necessario progettare uno stadio principale, ho concentrato i miei pensieri su come creare qualcosa di diverso dai Giochi del 1964. Era l’unica cosa a cui pensavo. Ho pensato che fosse sia la mia missione sia il mio dovere, in virtù dell’opportunità che avevo avuto di vivere in queste due epoche contrastanti.
Le Olimpiadi del 1964 furono rappresentate da cemento e acciaio. Essere alto e grosso era sia un obiettivo che un tema per quell’epoca. Ora stavamo guardando nella direzione opposta. Oggi essere alto e grosso sembra imbarazzante. L’obiettivo del nostro tempo è essere basso e piccolo. Le persone hanno iniziato a sentire che l’utilizzo di prodotti industriali, come cemento e acciaio, è problematico e che essere circondati da materiali “deboli” e morbidi come legno e carta fa sentire le persone più a proprio agio.
Ho pensato di voler dimostrare alla gente che era possibile costruire uno stadio per 80mila persone usando il legno come materiale principale. Oltre a sostituire il cemento e l’acciaio con il legno, volevo creare un’architettura che fosse come una nuvola composta da piccole particelle di legno. Il legno è soggetto ai limiti della natura e ci sono altrettanti limiti alle dimensioni degli elementi in legno.
Il legno naturale è sempre piccolo, gentile e morbido. Il legno è umile.
Ho progettato uno stadio che può ospitare 80mila persone ed è una struttura ambigua che sembra una nuvola, realizzata assemblando piccoli pezzi di legno. Fortunatamente, lo stadio è circondato da uno dei parchi più belli di Tokyo, il Meiji Jingu Gaien Park. Uno stadio che ricorda una nuvola, si fonde e diventa tutt’uno con la foresta.
- Il libro “Kuma. Complete Works 1988–Today” è edito da Taschen ed è acquistabile dal sito web di Taschen, qui
Negli ultimi 30 anni sono stato spinto a creare architettura dal desiderio di recuperare i materiali, e di riconnettere persone e cose fisiche. Si è rivelata l’esperienza più divertente che si possa immaginare. Questo perché il mondo stesso è qualcosa di tangibile.
Kengo Kuma
Kengo Kuma (nato a Yokohama nel 1954) ha frequentato l’Università di Tokyo e ha fondato lo Spatial Design Studio nel 1979, dopo ulteriori studi alla Columbia University di New York. Nel 1987 lo studio diventa Kengo Kuma & Associates con sedi a Tokyo e Parigi, e insegna alla Graduate School of Architecture dell’Università di Tokyo, dove gestisce anche il suo laboratorio, Kuma Lab.
L’autore di “Kuma. Complete Works 1988-Today” è Philip Jodidio, che ha studiato storia dell’arte ed economia ad Harvard e ha curato Connaissance des Arts per oltre 20 anni. I suoi libri TASCHEN includono Architecture Now! serie e monografie su Tadao Ando, Santiago Calatrava, Renzo Piano, Jean Nouvel, Shigeru Ban, Richard Meier, Zaha Hadid e Norman Foster (quest’ultimo di prossima uscita).
© Riproduzione Riservata