Gli stili architettonici rappresentati dalla porzione più iconica dell’edificio.
La facciata di un edificio è tradizionalmente l’elemento aulico di presentazione dell’architettura stessa, che ne definisce lo stile e accoglie il visitatore attraverso l’ingresso principale. L’accezione classica e rappresentativa del “fronte”, seppur non legata completamente all’antichità ma figlia di un’evoluzione che parte dal Romanico, è connessa in particolare agli edifici di culto e ai grandi palazzi nobiliari dal Gotico al Rinascimento, fino al tripudio del periodo Barocco.
Rivalutata come elemento di valore nel Novecento, sia nello stile Neoclassico che nell’Art Déco, la facciata si riscopre porzione di pregio in molti impianti sportivi che ne fanno una sorta di manifesto stilistico della propria architettura.
Lo stadio, per sua concezione, è un edificio che non predilige per forza un solo lato rispetto agli altri, e proprio in questo la presenza di facciate di gusto e imponenza particolare aggiungono unicità agli edifici dello sport, raccontando qualcosa del periodo in cui sono stati costruiti.
Ecco 5 facciate di stadi che raccontano l’architettura del Novecento:
Lo stadio britannico
Ibrox, a Glasgow, in Scozia, è un esempio perfetto di come gli stadi di inizio Novecento si dotassero di una singola facciata esterna principale aulica, con un gusto architettonico figlio dell’esperienza architettonica locale dei decenni precedenti. Progettata da Archibald Leitch fra il 1928 e il 1929, la facciata esterna della tribuna Main Stand di Ibrox parte da una forte base rappresentata dall’influenza dello stile Vittoriano (si veda l’edificio del Victoria Law Courts, a Birmingham), ma si delinea su un gusto neoclassico piuttosto semplice e trasversale ai dettagli dello stile Edoardiano.
Con lo stile Vittoriano tradizionalmente considerato coevo alla reggenza della Regina Vittoria d’Inghilterra (1837-1901), e lo stile Edoardiano subito successivo ma ritenuto concluso nel 1914, la facciata esterna di Ibrox è considerabile come un oggetto rappresentativo dell’architettura britannica di inizio Novecento. Fu realizzata con l’impiego di 1.018.000 mattoni rossi prodotti dalla fabbrica Ruabon, situata a Wrexham, in Galles.
Lo stadio Neoclassico
Se a Glasgow troviamo un riassunto di alcuni dettagli stilistici, peraltro semplificati, il racconto del Neoclassico è senz’altro nella facciata esterna dello Stadio Moccagatta di Alessandria. Sul lato sud dell’impianto, lungo il viale Spalto Rovereto, uno splendido timpano neoclassico è incastonato in un alto fronte che si conclude con una cornice marcapiano e due pennacchi laterali.
Alla base, quattro massicci pilastri sono decorati con un rivestimento bugnato che prosegue in orizzontale sulle pareti laterali della tribuna, lasciando un basamento liscio e continuo sottostante. Inaugurato nel 1929, lo stadio di Alessandria ha nella sua tribuna sud il settore ospiti, con l’ingresso dei tifosi previsto proprio dal cancello esterno e attraverso il moderno prònao. Il contrasto fra la chiarezza dell’architettura (quasi didattica), declinata in un impianto sportivo “di provincia”, aumenta l’eccezionalità stilistica di questo esempio, che merita quindi di essere evidenziato.
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Lo stadio rivisitato
“La Cattedrale del baseball”, così era chiamato lo Yankee Stadium originale, casa dei New York Yankees dal 1923. Trovarsi a dover ricostruire uno stadio di tali proporzioni e valori a significato rivisitare la storia architettonica dell’edificio nel vero e proprio significato del termine. Rivisitare, non trasformare o rinnovare. Lo stadio originale fu il primo impianto sportivo a tre anelli nello sport americano, ed era esaltato da dettagli estetici che si rifacevano all’Art Déco e al Neoclassico, riproposto in modo più semplificato e iconico.
L’intervento dello studio Populous, che fra il 2006 e il 2009 ha portato alla completa ricostruzione dell’edificio, ha restituito uno stadio nuovo ma fedele a sé stesso e al suo passato. La nuova facciata in granito riprende la scansione verticale di finestre e aperture che segnavano l’imponente esterno dello stadio originale. E, allo stesso modo, l’iconico fregio della copertura, all’interno dell’impianto, è stato rivisto in chiave leggermente più stilizzata e moderna, restituendo un importante valore di memoria storica e architettonica al nuovo edificio (anche se ricopiato dall’originale).
Lo stadio Modernista
Costruito fra il 1959 e il 1965, e ristrutturato in tempo per i Mondiali 2014, il Mineirão è uno degli storici e più rappresentativi stadi del Sud America. Impianto di casa del Cruzeiro, e dell’Atletico Mineiro, lo stadio di Belo Horizonte racchiude in sé alcune caratteristiche fondamentali degli impianti sportivi di metà Novecento, qui ancora più estremizzate, come la forma stessa dello stadio.
Il cosiddetto superellisse, una versione generalizzante dell’ellisse classico e, in questo caso, persino esasperata: l’asse maggiore misura 275 metri, mentre l’asse minore 217. All’esterno, poi, la forza del cemento armato viene acuita dai costoloni che, come saette, segnano il perimetro dell’edificio, rendendo il catino dinamico e solenne. Attraverso di loro, poi, si intravedono i vari livelli interni di smistamento del pubblico, in una struttura completamente a vista definita dallo slancio architettonico del Modernismo brasiliano degli anni ’40 e ’50.
Lo stadio urbano
Inaugurato nel 1985, lo Stade Louis II rappresenta uno dei migliori esempi al mondo di integrazione urbana di uno stadio di calcio. La sua costruzione, che portò alla sostituzione del precedente omonimo impianto situato un paio di isolati più a est, rappresentò lo snodo per uno sviluppo edilizio del quartiere di Fontvieille, storicamente periferico e quasi esterno ai confini del Principato di Monaco.
Il Louis II, che non è solo uno stadio di calcio professionistico ma anche, e soprattutto, un centro polisportivo con servizi indoor aperti alla cittadinanza, si uniforma all’estetica delle palazzine residenziali circostanti: la facciata principale è segnata da una costruzione geometrica di colori ed elementi strutturali, dove le file di finestre sono incastrate in una sequenza parallela di alti montanti che terminano con piccole arcate ribassate appena accennate.
I consigli editoriali di Archistadia, per approfondire questi argomenti:
- Played in Glasgow, di Simon Inglis (in inglese)
- L’architettura moderna dal 1900, di William J. Curtis
- Quando vinceva il quadrilatero 1908-1928. Gli anni d’oro del calcio piemontese, di Luca Rolandi
- Storia dello sport in Italia, di Paul Dietschy e Stefano Pivato
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