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La rivoluzione di Stamford Bridge

Il momento in cui lo stadio del Chelsea ha cambiato il concetto di stadio contemporaneo.

Per chi arriva a Stamford Bridge, stadio del Chelsea a Londra, è spesso abitudine trovarsi di fronte a una facciata color giallo pallido e ocra che stimola curiosità (e qualche dubbio) perché non rappresenta l’immagine tradizionale che ci aspetteremmo da un impianto per il calcio. Quell’edificio sul lato sud, dall’aspetto così “cittadino” e inusuale, è in effetti il corpo di fabbrica adiacente alla gradinata dello stadio e… ospita un hotel: una scelta che oggi ci sembra normale ma che qui fu un’idea di avanguardia, e che risale addirittura ai primi anni ’90!

Se oggi parliamo quasi con abitudine di grandi stadi di calcio che contengono anche servizi al pubblico (negozi, ristorazione e strutture alberghiere) lo dobbiamo in effetti a un caso che fu precursore dei tempi: quel restyling di Stamford Bridge, che tracciò un nuovo percorso nel modo di concepire gli impianti sportivi europei grazie a un concetto di partenza del tutto nuovo nel rapporto fra sport e business.

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(photo by Sir Norman Lockyer via Wikimedia Commons)

La persona dietro a questa “rivoluzione” fu Ken Bates, proprietario dei Blues dal 1982 al 2003, e che all’inizio degli anni ’90 decise di trasformare Stamford Bridge, facendolo diventare non solo un nuovo stadio di calcio ma anche un luogo di business che doveva sostenere la crescita del club a medio-termine.

Dopo aver acquistato il terreno dell’impianto, Bates concretizzò la sua visione in quello che fu il progetto di totale trasformazione dell’impianto, cancellando la storica struttura a pianta ovale con pista d’atletica, figlia dell’originale impianto del 1877, e ricostruendo lo stadio un pezzo alla volta (con lavori su più fasi, fra il 1994 e il 2001) fino a ottenere ciò che conosciamo oggi. E con una precisa volontà: non solo nuove gradinate ma anche la decisione di inserire un hotel e il cosiddetto “Chelsea Village”, con il megastore e gli uffici del club.

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L’hotel annesso allo stadio Stamford Bridge, impianto di casa del Chelsea, a Londra (photo: TheBlues / Wikimedia Commons / CC BY 3.0)
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Scorcio interno dello stadio Stamford Bridge, Chelsea, Londra (photo: Ank kumar / Wikimedia Commons / CC BY-SA 4.0)

Era un’idea rivoluzionaria. Nessuno fino a quel momento si era spinto tanto avanti nel provare a integrare i servizi commerciali in uno stadio di calcio, e quell’esempio cambierà per sempre la concezione di un impianto sportivo.

Sarà un caso-studio che farà scuola prima in Inghilterra, accompagnando la ristrutturazioni di tutti gli stadi britannici post-Taylor Report, e poi in Europa, mostrando come si poteva ottimizzare l’edificio-stadio per abbracciare un modello di business trasversale.

Ken Bates a fine anni ’90 sarà anche coinvolto nella Football Association inglese e sarà la mente dietro alla ricostruzione di Wembley che, su sua precisa indicazione, verrà realizzato come un enorme edificio integrato per riuscire a mettere insieme sport e hospitality come nessun altro al mondo.

I dettagli e la storia di questa vicenda li trovate raccontati nel mio libro “Wembley, la Storia e il Mito”, acquistabile qui

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Cover image: L’hotel annesso allo stadio Stamford Bridge, impianto di casa del Chelsea, a Londra (photo: TheBlues / Wikimedia Commons / CC BY 3.0)

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