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La memoria affettiva del Morumbi

Il significato di uno stadio di calcio nel fascino del Morumbi di São Paulo.

Molti di noi crescono guardando le partite di calcio della propria squadra del cuore, una passione spesso ereditata dai nostri genitori, di generazione in generazione. E tutto questo si sublima nell’emozione di vivere lo stadio in prima persona: un luogo visto spesso in tv, o immaginato dai racconti e dalle cronache, che finalmente si svela ai nostri occhi.

La mia esperienza arriva dal Brasile, dal Cicero Pompeu de Toledo Stadium, meglio noto come il Morumbi, lo stadio di casa del São Paulo FC.

Noi brasiliani abbiamo una passione smodata per il calcio, o futebol. Nasciamo e cresciamo circondati dal pallone, che è parte della nostra cultura e del nostro modo di vivere.

Mi piace ricordare, per esempio, la prima volta allo stadio con mio padre (non la prima in assoluto per me, invece). Lungo la strada verso lo stadio, in auto, eravamo già travolti dall’entusiasmo per la partita, e incollati all’ascolto di programmi radiofonici locali che snocciolavano statistiche e analisi nel pre-partita. Parcheggiata l’auto nei pressi dello stadio, le ultime centinaia di metri sono da percorrere a piedi, lungo strade invase dai tifosi di tutte le età. Bambini, donne, anziani, tutti intorno a noi hanno in mano una bandiera, una sciarpa, uno striscione, mentre i gruppi organizzati accendono fumogeni al passaggio del bus della squadra.

Poi, finalmente, si entra allo stadio. E quando sbuchi sulla gradinata e vedi il verde del prato, ti guardi attorno e percepisci l’eccitazione della gente e l’attesa del pre-partita, è in quel momento che l’emozione prende il sopravvento.

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Vista aerea dello stadio Morumbi (img: Arne Müseler / arne-mueseler.com / CC-BY-SA-3.0)

source: Arne Müseler / arne-mueseler.com / CC-BY-SA-3.0)

Mi chiedo, quante volte in questo stadio si è ripetuto questo rito? Quante persone, ogni volta, vivono le stesse emozioni? È complicato spiegare in poche parole l’eccezionalità di questi sentimenti, e si viene sopraffatti dall’enormità delle cose se ci si ferma un attimo a porsi queste domande.

Per molte persone, in realtà, questo è solo un edificio come un altro. Altri lo vivono come un luogo sacro, dove sofferenza e gioia si alternano ciclicamente e dove si vive in una dimensione parallela, tutti insieme e lontani da ogni altra cosa. È la passione stessa per lo sport che passa da questi attimi. Il risultato della partita, ciò che emerge dalla sfida 11 contro 11 sul campo, in realtà rimane sullo sfondo.

Quello che ci segna davvero sono le emozioni, e il fatto di poterle vivere con i nostri familiari e amici. Lo scorrere delle nostre vite è scandito da questi momenti e da questi ricordi, dalle relazioni che si creano con le altre persone. E il tutto è favorito dagli stadi come architetture, luoghi che sono parte di questa magica esperienza.

Il Morumbi, progettato da Vilanova Artigas, uno dei massimi esponenti del Modernismo brasiliano, fu inaugurato nel 1960 e, attualmente, può ospitare poco più di 66mila persone. È considerato una delle architetture che meglio rappresentano l’eredità storica della città di São Paulo, ha ospitato la partita inaugurale della Copa América 2019 ed è in corsa per essere scelto come sede della finale di Copa Libertadores 2020.

Sono grato di essere un tifoso di calcio e di poter vivere così tante emozioni in un solo luogo. Uno stadio che diventa un posto che chiamo “casa”, e che ho la fortuna di apprezzare ancor di più come architetto, ripercorrendo continuamente un filo fatto di risvolti storici, sociali, personali e sportivi.

Cover image: Vista interna dello stadio Morumbi nel 1971 (img: Roger W / Flickr / CC BY-SA 2.0 DEED)

© Riproduzione Riservata

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