Un omaggio alla storia architettonica della città di Chicago.
Le maglie, o per meglio dire “le canotte”, dell’edizione City Edition sono ormai diventate una piacevole e apprezzata abitudine annuale per le squadre americane del basket NBA. Da quando lo sponsor tecnico Nike è subentrato ad Adidas, questa versione speciale delle jersey ufficiali (introdotta nel 2017) è un modo per rendere omaggio alla propria città di appartenenza e creare un legame identitario ancor più forte da trasmettere anche all’estero.
Su Archistadia vi avevamo già parlato dell’iconografia legata alla serie tv “Miami Vice”, scelta dai Miami Heat per due stagioni di fila fra il 2017 e il 2018 per celebrare una certa immagine della città. Già in quel caso, faceva capolino lo stile Art déco, tipico di un quartiere specifico della città della Florida, anche se declinato nella variante “Tropicale”. Quello stesso stile architettonico, ma in forme classiche, che Chicago ha esplorato per la sua edizione 2020/2021 delle City Edition dei Bulls.
La canotta “cittadina” di Chicago si presenta con un colore grigio antracite, dal carattere forte, sul quale campeggia la scritta “CHICAGO” (e non la classica Bulls) in una tonalità oro, con un’ombreggiatura rossa. Il nome della città e il numero di maglia al centro sono in carattere tipografico Art déco, e vengono inquadrate da ulteriori bordature su collo e spalle, anch’essere dorate. La scelta di un font di questo tipo è il primo segno di una volontà di celebrare l’epoca d’oro dell’architettura della città, ed è anche lo stesso utilizzato in una parte di segnaletica all’interno dello United Center, l’arena della squadra.
Sui fianchi della canotta, un intreccio di diamanti di diverse dimensioni crea un pattern ripetuto che a cascata scende sul lato dei pantaloncini, fino ad arrivare al diamante principale, entro cui è incastonato il logo dei Bulls (come da tradizione), circondato dalle quattro stelle simbolo della bandiera della città di Chicago. Le stelle, inoltre, sono posizionate agli angoli del diamante, per simulare i rivetti che venivano inseriti per saldare fra loro gli elementi in ferro nelle costruzioni del primo Novecento.
Non fate piccoli progetti, non hanno magia e non stimolano l’entusiasmo di un uomo
arch. Daniel Burnham (1910)
Ci sono tutta una serie di piccoli dettagli grafici che richiamano l’architettura Art déco di Chicago, scelti e realizzati con grande sensibilità rispetto a ciò che devono significare. La città dell’Illinois è una delle più ricche di edifici Art déco, uno stile che contribuì a trasformare le metropoli americane negli anni ’20 del Novecento. Linee verticali che segnano gli edifici, geometrie astratte ripetute e decorative, simmetrie e slanci di modernità. Come meravigliosamente riassunto nel volume “Art Déco Chicago” (acquistabile qui), troviamo in città alcuni esempi fra i più eccezionali del Paese: il Carbide & Carbon Building (1929), il Board of Trade Building (1930), il Rookery (1886) e i suoi meravigliosi interni.
Su Archistadia, abbiamo preparato una mappa degli edifici Art déco di Chicago.
E dietro a tutto questo c’è anche un’importante dedica: quella ideale per l’architetto Daniel Burnham (1846-1912), responsabile della ricostruzione e del rinnovamento urbano di Chicago dopo il Grande Incendio del 1871. Burnham, che aveva contribuito proprio a creare la cosiddetta “Scuola di Chicago”, stimolando nuove sperimentazioni sui materiali e le strutture in seguito all’incendio cittadino, aveva messo la firma anche sul famoso Flat Iron Building (1902) di New York, il grattacielo a pianta triangolare situato fra la 23esima, la 5a strada e Broadway. Verso il finire dell’Ottocento, Burnham si era già dedicato principalmente all’urbanistica, seguendo i dettami dello stile neoclassicista europeo e contribuendo a stimolare la formazione del movimento americano “City Beautiful”, mettendo anche in pratica alcune teorie con il piano urbanistico per la città di Chicago nel 1909.
A Daniel Burnham è dedicato il motto dei Bulls di quest’anno, “No little plans“, una frase che l’architetto ripeteva spesso: «Non fate piccoli progetti, non hanno magia e non stimolano l’entusiasmo di un uomo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA