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Addio San Siro: basterà il nuovo stadio (condiviso)?

Quali sono i pro e i contro di un nuovo stadio condiviso fra Inter e Milan?

L’ipotesi di un “nuovo San Siro” che spazzi via l’originale è stato un fulmine a ciel sereno per gran parte degli appassionati e dei tifosi di Milan e Inter. Demolire il Meazza per far posto a un nuovo stadio di proprietà è la soluzione che i due club hanno in mente per rilanciarsi sul piano internazionale (sportivo ed economico) ma realizzare un impianto più piccolo, e ancora condiviso, lascia spazio a molti dubbi sull’effettiva utilità di tutto il progetto.

Perché intervenire sull’attuale Stadio San Siro?

I punti critici dell’impianto odierno sono certamente la copertura e il terzo anello, entrambi figli della ristrutturazione per i Mondiali ’90. La prima è la più sacrificabile, andrebbe sostituita completamente sfruttando le nuove tecnologie e i materiali più leggeri che sono ora a disposizione. Il terzo anello è un valore aggiunto (la pendenza quasi unica in Europa contribuisce all’effetto di imponenza dello stadio) ma è dotato di pochissimi servizi per il tifoso – anche quelli base, dato che i gabinetti e i punti ristoro sono presenti soltanto nelle quattro torri angolari e devono servire un enorme numero di persone. L’intero terzo anello andrebbe ripensato ma non cancellato. Casomai sarebbe necessario un intervento per migliorarne fruibilità e modernità delle strutture.

Il resto dello stadio, già tra i migliori d’Europa (visuale, percorsi e accessi dall’esterno all’interno), avrebbe necessità dell’inserimento pesante di nuovi servizi e aree commerciali/hospitality in una delle due tribune (Rossa o Arancio, forse preferibile la seconda recuperando una porzione di terreno dall’adiacente Ippodromo) e di un ripensamento nella distribuzione dei seggiolini (sfruttando eventualmente la tecnologia dei “rail seats” utilizzata nelle nuove standing area di impronta nord europea).

Perché un nuovo stadio?

Un nuovo stadio, al posto dell’attuale, limiterebbe invece i tempi e faciliterebbe la progettualità dell’intervento. Più spazio di manovra per ogni elemento da inserire in una costruzione fatta da zero, e disagi nettamente minori per i club: Milan e Inter giocherebbero nel vecchio stadio finché il nuovo non sarebbe pronto. Averlo “di proprietà”, seppur condiviso, aumenterebbe in parte i ricavi a disposizione e migliorerebbe lo sfruttamento durante la settimana, come un luogo dedicato a meeting e sponsor, oltre che alle aree commerciali e museali legate alla parte sportiva.

Sarebbe anche un asset immobiliare molto rilevante, in particolare per il Milan che ha bisogno di aumentare il suo valore di mercato nell’ottica di una futura rivendita (vero obiettivo del fondo Elliott che attualmente gestisce il club rossonero).

Il nuovo San Siro condiviso non risolverà le cose

Posto che gli aspetti storici, estetici e nostalgici hanno un grande valore nel caso di San Siro, è doveroso notare come siano destinati a venire messi da parte, prima o poi. Il Meazza è un impianto che difficilmente potrà essere ancora in piedi fra cinquant’anni e prima o poi lascerà strada a un erede (fosse anche, nella migliore delle ipotesi, a un’evoluzione rispettosa del passato come nel caso del Vélodrome di Marsiglia). Quando sia meglio dirgli addio è, però, un dettaglio fondamentale.

La necessità, in questo momento, è capire cosa serve davvero ai due club milanesi e come si può raggiungere l’obiettivo. Inter e Milan hanno bisogno di uno stadio di proprietà e la risposta NON può essere un nuovo San Siro condiviso. Hanno anche bisogno di insistere sul loro valore sportivo, e la capienza del nuovo impianto non potrà essere diminuita da 80 a 60mila posti. Troppo poco, rispetto ai grandi club europei che hanno tutti ampliato i propri stadi (ristrutturati o nuovi che fossero).

Inoltre, demolire il Meazza per farne una nuova versione rimpicciolita vorrebbe dire investire tempo e soldi in un progetto destinato a essere rimesso in discussione nel giro di una decina d’anni. Inter e Milan hanno dimostrato di poter essere grandi club (con grandi affluenze) già nell’attuale stadio e sia in tempi di successi che di difficoltà. Anche nel caso di un nuovo impianto, se con i termini di cui si parla, non passerà molto tempo prima che uno dei due club voglia avere la proprietà esclusiva e aumentarne la capienza.

Due stadi per una visione a lungo termine

Il ruolo del Comune di Milano in questo dibattito è cruciale. San Siro (a prescindere dal valore storico/architettonico) è uno stadio da 80mila posti e un elemento fondamentale per la vita della città. Sarebbe impensabile che il Comune vi rinunciasse su due piedi, senza un’alternativa già in mano per organizzare i grandi concerti e gli eventi che costellano il calendario milanese. In parallelo, Inter e Milan devono avere una visione di sé stesse in grande e a lungo termine, proprio come i club europei che vogliono imitare. Ecco perché il nuovo stadio condiviso sarebbe soltanto una soluzione affrettata e un palliativo economico a breve periodo.

I nuovi stadi di Monaco, Londra (Arsenal e Tottenham), Nizza, Marsiglia, Madrid (sponda Atlético) e le grandi ristrutturazioni già effettuate, o in programma, come Barcellona, ancora Madrid (Real), Manchester (sponda United) e Liverpool, dicono che Inter e Milan hanno una sola strada: due stadi di proprietà, con una capienza non inferiore ai 70mila posti, di cui uno potrebbe essere San Siro ristrutturato a dovere. Un progetto ambizioso che necessita di più tempo per accumulare i fondi necessari (evidentemente mancanti al momento) e di una pianificazione forte su una specifica area della città di Milano.

Milano, il Milan e l’Inter non possono rinunciare a un futuro con due stadi di proprietà: per arrivarci servono ambizione e progettualità, non fretta e volontà di speculazione.

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