Vedere l’Inter in trasferta a Pordenone è ancora impossibile.
Inter-Pordenone ha rilanciato ancora una volta il dibattito sul format della Coppa Italia. L’ottavo di finale allo Stadio Meazza di Milano, e vinto dai nerazzurri ai rigori, riapre le domande su “quello che potrebbe essere se”: se anche in Italia si facesse come l’FA Cup in Inghilterra, se si imitasse l’organizzazione della Coppa di Francia, e via dicendo.
A livello assoluto, la partita di ieri sera giocata a Pordenone, allo Stadio-Velodromo Bottecchia, sarebbe stata certamente un genuino sprazzo di calcio d’altri tempi. Ma la realtà è un’altra: allo stato attuale, Inter-Pordenone si poteva giocare soltanto a San Siro.
Fra realtà e romanticismo, di solito, vince sempre la prima. E la realtà del calcio italiano impone di partire da un presupposto fondamentale: a prescindere dal sistema della competizione, sono gli stadi a essere un problema. E non nel senso stretto della capienza, ma in fatto di adeguamento strutturale a normative esistenti.
A livello economico, con gli incassi da botteghino da dividere a metà fra le due squadre, è ovvio che al Pordenone abbia fatto molto più comodo giocare il turno di Coppa Italia a Milano, e non in casa. Allo stesso tempo, la partita non si sarebbe mai potuta giocare nello stadio dei friulani che, attualmente, non risponde nemmeno ai requisiti minimi per la Serie B (la squadra milita in C in questa stagione 2017/18).
Posto che l’attuale format della Coppa Italia privilegia le grandi squadre (Hellas-Milan o Genoa-Juventus sarebbero certamente più interessanti rispetto alle sfide in programma, in casa di rossoneri e bianconeri), e che un sorteggio integrale potrebbe regalare partite più uniche dal punto di vista del contesto (v. la big in trasferta in provincia), la situazione attuale degli stadi italiani e i requisiti molto stringenti e alle volte eccessivi di Serie A, B e C non permettono cambiamenti a breve termine.
Il caso inglese
Se in FA Cup, in Inghilterra, c’è un sorteggio integrale è anche perché gli stadi sono regolati da criteri infrastrutturali univoci, che coinvolgono tutte le squadre, dalla Premier League fino alla quinta e sesta serie (National League, semi-professionisti, paragonabile alla Serie D e al campionato di Eccellenza italiano)⁽¹⁾.
Ecco, quindi, che l’Arsenal può giocare in casa del Sutton United (quinta serie), il cui stadio Gander Green Lane ha 5mila posti, nemmeno tutti a sedere, ma è una struttura “a norma di legge”. E ha comunque 2mila posti in più del Bottecchia di Pordenone.
Andrebbe aperto, infatti, un discorso sulla capienza, che nei regolamenti italiani di Serie A e Serie B è uno dei vincoli principali – e probabilmente valutato in eccesso (minimo 10mila posti richiesti in B, 20mila in A) – mentre andrebbe data più importanza ad altri fattori, come sicurezza, accessi, funzionalità strutturale, servizi.
Emblematico il caso dell’Alessandria, nel 2016, che chiese di poter giocare la semifinale di Coppa Italia in casa contro il Milan, all’Olimpico di Torino, per sfruttare la maggiore capienza dell’impianto del capoluogo piemontese. I risultati furono effettivamente positivi, ma il “campo neutro” non è una soluzione ancor più svilente per il senso stesso della competizione?
Secondo un’indagine di Repubblica del novembre 2016, sono molti gli stadi italiani non a norma per capienza minima, fra Serie A e B, ma utilizzati ugualmente grazie a deroghe previste dalla legge. E non è un mistero che l’Atalanta, per la stagione 2017/2018, giochi l’Europa League al Mapei di Reggio Emilia, perché l’Atleti Azzurri d’Italia ha ancora un piccolo settore a posti in piedi in tribuna, oltre al campo di gioco che non rispetta le dimensioni minime imposte dalla UEFA.
L’Östersund, squadra svedese approdata anch’essa ai sedicesimi di EL, ospiterà invece l’Arsenal nella propria Östersund Arena: 8mila posti circa, per una struttura inaugurata nel 2013 e costata 26 milioni di euro, in piena conformità con i regolamenti europei.
Il cambiamento del format della Coppa Italia è senz’altro auspicabile. La situazione degli stadi italiani e una certa miopia dei regolamenti, però, lo rendono inapplicabile. E, a conti fatti (anche economici), la trasferta del Pordenone a San Siro è stata positiva per il club e indimenticabile per i tifosi, ed era l’unica soluzione attualmente possibile nel sistema calcio italiano.
⁽¹⁾ diverso, e più specifico, il discorso per l’accesso ai campionati professionistici inglesi (primo-quarto livello) che ha ulteriori obblighi specifici, v. posti a sedere e capienza, verso i quali adeguarsi nell’arco di tre anni
© Riproduzione Riservata